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Rêveries

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Si può sognare l’amore tanto da renderlo reale?

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Può la musica far danzare due anime all’unisono in una linea temporale differente?

La magia del Giardino delle Tuilleries

Quest’anno la primavera è generosa di raggi solari. Il permanente grigiore invernale non fa più cappa sulla città. Le verdi sedie del giardino sono quasi tutte occupate dai turisti che riposano e dai parigini che approfittano del primo pomeriggio del fine settimana.

Alcune sedie sono libere proprio attorno alla grande fontana. Vedendole accelera il passo per appropriarsi di una di esse. Le pagine del nuovo romanzo attendono di essere lette. La musica dalle cuffie copre i rumori della gente. Solo il giardino ha un suo movimento musicale, si sofferma un attimo ad osservare, lo fa sempre, prima di immergersi in quell’altro mondo che il libro le avrebbe aperto.

L’immersione viene interrotta dal tocco di un dito che bussa sulla sua spalla. Sussulta, si volta. Qualcuno sta tentando di chiederle qualcosa, ma la musica nelle orecchie le impedisce di capire. Toglie uno degli auricolari. Il ragazzo che l’aveva toccata chiede se può sedersi sulla sedia accanto alla sua. Che domanda, non lo vede che è sola? Senza dir niente gli fa comunque cenno di sì. Il tipo si siede e anche lui tira fuori un libro dalla tasca interna della sua giacca di jeans. Ecco adesso può tornare tranquillamente al suo. Ma lo sguardo da lettrice si posa incuriosito sulla copertina del suo vicino. Aveva finito di leggere quel libro la settimana scorsa. Dalla copertina, passa al viso del ragazzo, che sentendosi osservato chiede se qualcosa non va, vista la sua faccia perplessa.

Sì, la familiarità del suo viso. Deve averlo visto da qualche parte. Ma nuovamente non dice nulla, fa un semplice cenno della testa per dire no e torna ad abbassare lo sguardo su quella prima pagina ancora non finita. Non le piaceva avere contatti con gente sconosciuta.

Neanche il tempo di rimettere l’auricolare che la sua sfera privata viene invasa nuovamente. Chiaramente infastidita incrocia lo sguardo del ragazzo che le sembra alquanto in imbarazzo.

Quest’anno la primavera è arrivata in anticipo a Parigi e per approfittare del sole così raro nella bella città, le visite al Giardino delle Tuileries erano state più frequenti. Il ragazzo andava a correre lì e l’aveva notata sempre seduta sola con gli auricolari e un libro tra le mani, ignara di ciò che le succedeva intorno. Aveva potuto osservarla senza che lei se ne accorgesse minimamente.

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La confessione di uno stalker.

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Meglio alzarsi e disperdersi nel gruppo di turisti che sta passando per dirigersi verso Piazza della Concordia e da lì dileguarsi nella metro. La mano poggiata sull’avambraccio la blocca. Lo sguardo di chi chiede scusa non la rassicura, ma non la decide ad andar via. Non l’aveva mai seguita, aveva semplicemente sperato d’incontrarla lì e un paio di volte era stato fortunato. Aveva comprato quel libro per attirare la sua attenzione. Ci era riuscito. Lei non dice niente e guarda solo la mano di lui ancora sul suo avambraccio. Lui la toglie, ma quante altre possibilità avrebbe avuto di parlarle di nuovo? Ancora nessuna parola da parte di lei. È evidente dal suo volto che è impaurita. Aveva sbagliato tutto. Deluso e arrabbiato si alza e va via.

Lei lo guarda allontanarsi, come per assicurarsi che vada via veramente.

Carpe diem

In uno scatto si alza e lo raggiunge.

Non sa esattamente quello che sta facendo, ma l’istinto l’induce a fermare quel ragazzo. Per la prima volta nella sua vita la ascolta. Quella vocina che troppo spesso fa tacere. Quella impulsiva e primordiale che cerca di tanto in tanto di spezzare quelle catene a cui la paura e la timidezza la costringono.

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Carpe diem bella!

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Bello o brutto poco importa.

In effetti, lo aveva guardato senza prestare realmente attenzione ai suoi lineamenti. È la sensazione che il suo sguardo posato su di lei che la pervade e la domina. La curiosità di saperne di più. Quell'incontro ingannevolmente fortuito deve significare di più.  Stavolta non si sarebbe fatta sfuggire un’altra occasione di vivere al di fuori dei suoi libri.

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Hai ragione! Carpe diem!

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Il ragazzo stava quasi oltrepassando il grande cancello verde e dorato che dal Giardino delle Tuileries dà accesso alla Piazza della Concordia. Una volta nell'immensa piazza sarebbe stato più difficile ritrovarlo. Scatta e gli prende il braccio per fermarlo.

Lui si volta con lo sguardo arrabbiato di chi si sente attaccato da qualche molestatore o ladro.  Quando la vede però il suo sguardo si illumina.

Lei riprende fiato e prorompe con un:

“Perché?”

“Cosa perché?”

“Non riesco a capire perché ti sei interessato a me tanto da comprare un libro che forse non leggerai mai.”

Lui sorride: “Sì che lo leggerò?”

Diffidente ribatte: “Nessuno legge quel genere di libri”

“Tu sì però”

“Ma io vivo in un mondo a parte” replica con un mezzo sorriso amaro

“Lo so!” rilancia lui con un sorriso tenero.

Confusa e ammaliata, continua a tenergli testa: “Non puoi, non mi conosci nemmeno. Dimmi perché ti sei soffermato proprio su di me, su tutte le persone che ogni giorno vengono in questo giardino?”

“Il tuo sguardo. Il tuo sguardo perso nel vuoto quando alzi gli occhi dalla lettura. Un vuoto carico di chissà quali pensieri e cose che non saprei spiegare. Seduta su quelle sedie verdi sembri un’isola bagnata dal mare di persone che ti circonda. Le onde toccano le rive e si ritraggono continuamente molestandone la serenità ma lei resiste stoica”.

Disagio. Imbarazzo. Le guance divampano. Perdita della parola. Nessuno l’ha mai descritta in quel modo.

È la sua essenza e nemmeno lei è mai riuscita ad esprimerla con parole che la facessero risplendere. Il suo modo d’isolarsi è per lei da sempre un’ombra nera, dalla quale non riesce a fuggire, come un mostro orribile che la tiene prigioniera. Lui, invece, ne vede la bellezza.

Si ritrovano a passeggiare lungo la Senna, l’uno accanto all'altro senza più avere il coraggio di incrociare gli sguardi.

Una piacevole conversazione con uno sconosciuto.

La sintonia cresce.

La paura iniziale è scomparsa.

Passano sotto l’imponente Torre Eiffel, ma proseguono, non si fermano come chiunque per ammirarla. Svoltano sul ponte Bir-Hakeim e da lì gli alberi in fiore li invitano a scendere sull'isola dei Cigni, che a quell'altura della Senna ne divide le acque, e a percorrere il viale alberato. In fondo all'isola il sole tocca la fiaccola di bronzo tenuta dritta dalla famosa piccola Statua della Libertà. Il tramonto sta per calare, una panca è libera per godersi le luci degli ultimi raggi del sole sulle acque della Senna.

Preludio alla separazione.

Desiderio di voler restare.

Incapacità di esprimere la voglia di stare ancora lì insieme.

Darsi un appuntamento il giorno dopo avrebbe implicato gli imbarazzi di circostanza che quel pomeriggio erano stati sormontati dalla sorpresa e dall'istinto.

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L’Isola dei Cigni

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Gli ultimi raggi di sole si stanno spegnendo, un piccolo fiore cade dall’albero sovrastante proprio sul dorso della mano di lei, che nervosamente stringe la coscia. Lui lo raccoglie, sfiorandole così la mano e provocandole un brivido che dalla mano risale il braccio e si espande a tutto il corpo. Tenendo il fiore tra l’indice e il pollice, le sposta con le altre dita i capelli dietro l’orecchio per poterla adornare di quel dono caduto dal cielo, venuto a smuovere le acque tra loro. Finalmente gli sguardi negati durante tutto il pomeriggio s’incrociano.

Il rossore in viso rivela l’accelerazione del battito cardiaco della ragazza che sorride imbarazzata e abbassa lo sguardo per fissarlo agli interstizi della panchina. Lui le alza il mento. Vuole guardarla ancora. Gli occhi sembrano soffermarsi su ogni dettaglio del suo viso. Lei arrossisce ancora, ma mantiene lo sguardo alto perdendosi nel suo.

​

Chi sei? Cosa mi stai facendo?

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Lo sconosciuto adesso ha un volto più definito.

Occhi verdi che brillano toccati dagli raggi calanti del sole. Capelli biondo scuro tendenti al castano chiaro. Un sorriso gentile e timido rialza l’angolo destro della bocca.

È stupendo.

Tuttavia, rimane sempre un mistero.

 

D’improvviso si sente inadeguata. Porta la mano ai capelli e inizia a lisciarli come per sistemarli un po’. Lui la guarda divertito. Lei si sente stupida e in preda al panico dell’imbarazzo, prende una ciocca e inizia ad attorcigliarla su un dito. Mordendosi il labbro inferiore rivolge lo sguardo verso il fiume che scorre sereno davanti a loro.

“Sei molto dolce. Il tuo arrossire mi fa venire voglia di abbracciarti.”

“Ecco bravo così mi fai arrossire ancora di più. I complimenti mi mettono a disagio.”

“Scusami, però mi piace vederti così. Fa parte del tuo fascino, sai?”

Lei lo guarda incredula e si morde nuovamente il labbro inferiore. Lui prendendole il mento con il pollice scioglie il labbro dal morso.

“Ho paura che tu metta troppo in dubbio la tua bellezza. Quella fisica l’avevo già notata e ora ho la possibilità di ammirarla da vicino, ma queste ore passate con te mi hanno rivelato che persona splendida sei”.

Non una parola riesce a pronunciare con il mento ancora tra le dita delicate di lui.

Il sole è prossimo a sparire. La notte si fa strada.

Le linee delle loro vite stanno per separarsi.

Dopo aver planato inaspettatamente nella vita di lei, lui non può lasciarla andar via.

“Resta con me, vuoi?”

Inaspettatamente lei si ritrova a dire un timido ma deciso: “Sì”

Il loro parlare si prolunga fino a tarda sera, stavolta gli sguardi non si staccano. Lui di tanto in tanto le accarezza il viso o i capelli. Lei lo lascia fare. Sembra si stiano fondendo in un tutt’uno senza neanche realmente toccarsi.

Il sole è andato via ad ovest. Il chiarore della luna e la luce dei lampioni giungono per illuminare l’Isola dei Cigni, che adesso rimane abitata solamente dai suoi alberi e da loro su quella panchina.

 

 

Ricordi che ritornano a galla

 

Si sente come se si trovasse in una dimensione in cui il tempo accelera e rallenta in maniera disconnessa.

La notte passa in fretta. Il giorno non sembra esistere. I ricordi della sera precedente le riempiono la mente offuscando il resto. Le scene passano e ripassano in un flusso continuo. Il suo sguardo. Le sue dita che sfiorano la sua mano, i suoi capelli, il suo mento, le sue labbra. Oltre le farfalle nello stomaco, una sensazione più forte risaliva dal basso ventre avvampandola fino al petto.

Il volto di lui, uno sfondo perpetuo. Quegli occhi, quella bocca…

​

Sono impazzita. Mi sto facendo incantare da un perfetto sconosciuto. Come posso fidarmi. Stupida. Tutta questa storia è proprio strana. Lui che viene da te ammettendo di averti quasi stalkerizzata. Perché non mi si è acceso il campanellino rosso? PERICOLO!

No, invece l’ho seguito. Lui era andato via ed io l’ho raggiunto. Dov’è finito l’istinto di sopravvivenza?

Però ieri su quell’isolotto avrebbe potuto fare di me ciò che voleva. Incosciente. Però, non l’ha fatto. È stato così dolce.

Basta! Sto ricominciando. Non posso far crollare questo bel muro di protezione, ci ho messo anni per tirarlo su. Adesso sono protetta. Non può essere scalfito. Non può. Non voglio.

Non voglio che accada di nuovo. Ho paura.

​

Ed ecco di nuovo quella sensazione. Un buco al centro del petto. Un vuoto freddo che brucia, come le lacrime che solcano le sue guance, lame che la sfigurano. Ferite così profonde che dopo anni ne sente ancora il dolore. Il muro non l’ha tenuto fuori, l’ha chiuso dentro.

​

***

​

L’amava così tanto da essere diventata un’unica cosa con lui. Non esisteva senza di lui. Si era cancellata, ma lei non se n’era accorta. Era tutto così perfetto, era così felice. Non aveva bisogno di altro. Erano la coppia perfetta. Lui pure l’amava, lo diceva sempre che era la donna della sua vita, che non poteva immaginare nessuno al suo fianco se non lei. Frasi già sentite, vero? Frasi che mettono i brividi per la loro falsità. Infatti, lui al suo fianco ne aveva altre. Cambiavano ad ogni serata passata fuori con gli amici. Lei era la sua ancora, ma non le bastava. Erano felici, ma non gli bastava. Aveva bisogno di altro calore, quello proibito, quello offerto da corpi focosi. Lei era un angelo da accarezzare, da coccolare, da custodire, ma lui desiderava anche accarezzare il diavolo. Possessioni fugaci, ma ardenti che dissetavano quella sete di una perversione che l’angelo non poteva appagare.

Lei era ignara. Lui era bravo a nascondere.

L’amore è cieco. È lei era cieca sin dalla nascita di questo amore.

Una sera, ruppe le regole della sua routine e si lasciò convincere ad uscire dalla sua migliore amica per festeggiare l’ultimo esame superato prima della laurea. Indossò un bel tubino nero classico, i tacchi, e si truccò. Voleva avvisare il suo fidanzato e invitarlo a raggiungerle, ma stranamente il telefono non era raggiungibile. Ricordò che le aveva detto che andava a letto presto perché l’indomani aveva una giornata pesante.

La sua amica la portò in un locale esclusivo, lì gli altri della comitiva li raggiunsero. Ordinarono da bere. Lei inviò qualche messaggio all’uomo della sua vita, in modo che al suo risveglio potesse leggerli. Dopo un po’, una brutta sensazione cominciò a contorcerle lo stomaco. Il suo sesto senso l’avvisava, ma lei non sapeva nemmeno cosa fosse il sesto senso di una donna. La sua amica la invitò a ballare. In pista non si sentiva a suo agio. Non sapendo il perché cercava con lo sguardo qualcuno tra la folla. Lo sentiva da dentro. Lui era lì.

 

Una ferita troppo profonda

 

Con una scusa si allontanò dalla pista e andò verso la toilette per rinfrescarsi. Come c’era da aspettarselo la fila per le donne era chilometrica, si appoggiò al muro ad aspettare, tanto non aveva nessuna voglia di ritornare a ballare o al tavolo con gli altri. Guardava il locale gremito sempre con quella sensazione che la stava facendo sentir male. Ed ecco che lo vide, strabuzzò gli occhi per assicurarsene, era proprio lui. Parlava con un cocktail in mano con un gruppetto di persone che non conosceva. D’improvviso qualcuno lo cinse alla vita e lui fece altrettanto, lasciando però scivolare la sua mano sul sedere di quella che di certo non era lei. Impietrita continuava a guardare la scena. L’altra era mora, vestita in maniera alquanto provocante. Non riusciva a vederla in viso. Cominciava a non sentire più le sue membra, ma di certo quelle che lui stava toccando non erano le sue. Il respiro le si bloccò in gola, quando quell’uomo, che non sembrava più essere il suo uomo, posò il bicchiere ormai vuoto sul bancone, rivolse tutto il corpo verso la ragazza le afferrò entrambe le natiche sollevandola un po' la baciò con foga. Dopo averle detto qualcosa all’orecchio, si allontanarono dal gruppo e quasi le passarono davanti, ma lei ormai non esisteva più. Non la videro. Non sapeva che fare: seguirli o rimanere lì? Non aveva visto già abbastanza? Si decise che doveva vedere di più, assicurarsi che fosse realmente lui. Cercava d’ingannare sé stessa. Era lui.

I due si eclissarono in un passaggio che portava ad una sala adiacente, quella sera inutilizzata. Su di un lato dello stretto corridoio c’era una rientranza totalmente al buio. Lei si appiattì contro il muro all’imbocco di quel maledetto corridoio. Da lì riuscì a sentire ogni cosa. Ogni gemito, ogni bacio, ogni parola che lui diceva a quell’altra, non erano parole d’amore, ma di desiderio. Non le aveva mai parlato così. Lei non era così disinibita, lo sapeva, ma il pensiero che lui non l’avesse mai desiderata così le provocò un dolore acuto come se mille coltelli le stessero trafiggendo lo stomaco. Sentì come la sbatté al muro e la e la… perché continuava a stare là non le bastava quello a cui aveva assistito?  Il primo bacio era stato più che sufficiente. Però rimase lì immobile, non ebbe il coraggio di fermarli. L’amplesso durò pochi minuti, ma per lei furono un’eternità. Quando finirono, si piazzò davanti al corridoio, non sapeva esattamente cosa volesse fare o dire. Luì impallidì quando la vide lì davanti con il volto straziato e bagnato da lacrime che continuavano a scendere. Non sapeva cosa avesse visto e cominciò a negare l’evidenza. Lei non gli disse nulla, non riusciva a parlare. Continuava a guardarlo. Poi svenne.

Era stato troppo per lei. Il suo corpo non resse più. Il dolore la travolse. La sua vita era finita. Il peggio però non era ancora arrivato.

Il giorno dopo si ritrovò a casa della sua amica, non voleva lasciarla sola in quello stato. Quando si svegliò, le ci volle un attimo per ricordare cosa fosse successo e il dolore ricominciò, al posto del cuore sentiva un vuoto freddo che bruciava. L’amica cercò di consolarla:

“Mi dispiace tesoro, mi dispiace che tu l’abbia scoperto così, avrei dovuto essere con te”.

“Non è colpa tua” disse singhiozzando, “Come potevi sapere?”

La sua domanda era retorica, ma il silenzio dell’amica la frastornò. La guardò in viso e vide uno sguardo colpevole.

“Lo sapevi?”

“Volevo dirtelo…ma tu eri così cieca che non mi avresti creduto, avremmo litigato. Dovevi vederlo di persona per capire”

Al dolore si unì la rabbia. Proprio lei, la sua migliore amica le aveva nascosto la verità.

“Da quanto tempo stanno insieme?” adesso voleva sapere tutto.

“Da nessun tempo…” fu la risposta

“Cosa vuol dire da nessun tempo?”

“Non capisci? Lui non ha una relazione fissa a parte che con te. “

“Quindi è stato l’errore di una notte” quasi si rincuorò.

“No! Lo vedi come ti accechi quando si tratta di lui”

“Allora cosa?! Spiegati meglio.”

“Ogni sera ne rimorchia una diversa.”

Un altro colpo al ventre. La tradiva continuamente.

“È un habitué di quel locale” continuò l’amica “per questo ti ci ho portata. Dovevi finalmente aprire gli occhi. Quando l’altro giorno mi hai parlato di matrimonio, alla tua età e con un tipo come lui. Ho capito che era venuto il momento. Come amica non potevo lasciarti fare quell’errore”.

Il matrimonio era un’idea di lui. Lei voleva almeno laurearsi prima. Falso, bugiardo, traditore.

Prese la borsa e se ne andò non volle sapere più nulla nemmeno di lei.

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Falsa, bugiarda, traditrice.

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La sua vita era finita. Non era mai esistita. Era sempre tutto stato una menzogna.

 

L’Opera Garnier

 

Le ultime note di una canzone che tuttora le strazia il cuore risuonano nella sua mente. Porta via con sé gli ultimi strascichi di quel ricordo doloroso.

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…You know it’s true

 Everything I do

Oh I do it for you…

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L’avrebbero ballata al loro matrimonio, guardandosi occhi negli occhi non facendo caso ai passi dopo essersi promessi amore eterno. La triste voce di Bryan Adams ora ricorda solo un amore falso e da tempo finito. Eppure, quella canzone si trova ancora nella sua playlist, anche se ogni qualvolta la sente arrivare preme il bottone con le freccette in avanti per non ascoltarla. Allora perché non cancellarla? Non ne è capace.

Le lacrime scendono sole. Non riesce a fermarle.

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No! Basta!

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No, non deve tornare in quei luoghi bui della sua mente. Se solo quei ricordi bui si potessero cancellare. Non può permettere che quel passato la faccia soffrire ancora. Non può permettere che le condizioni ancora la vita. Deve buttare giù quel muro che ha costruito per isolarsi, bloccando qualunque nuova interessante conoscenza. Amicizia e amore banditi.

Ha imparato suo malgrado a relegare il bisogno di avere dei legami per non ritrovarsi di nuovo a vivere una bugia che la faccia soffrire. Che sia venuto il momento di cambiare?

Nuove note risuonano nella testa della ragazza, una nuova canzone e così il suo pensiero ritorna al misterioso sconosciuto.

In un lampo si fa sera, come se il tempo andasse a suo favore, portandola al momento in cui deve rincontrare lo sconosciuto.

Devono ritrovarsi davanti alla maestosa Opera Garnier.

Tutto quello che precede l’incontro sembra essere avvolto in una nube e sparire per portarla direttamente in quel luogo. Il percorso da casa alla metro, il viaggio nel solito vagone sporco della linea dodici, il cambio con la linea tre, niente di tutto ciò le sembra che sia realmente successo. Si ritrova come per magia all’uscita della metro, ai piedi dell’ampia scalinata che fa intravedere il cielo già scuro delle ombre della tarda sera, illuminato dai lampioni.

Prima di risalirla la ragazza alza lo sguardo. Lui è già lì, appoggiato al muretto in cima alla gradinata. Si ferma un attimo per guardarlo. Il ragazzo non si è accorto che lei stava arrivando. Centinaia di persone escono dalla metro. Da lì può goderne la vista, osservarlo. Si accorge di come lui sembri palpitare nell’attesa e cerca di distrarsi guardando lo schermo del cellulare. Non si erano nemmeno scambiati il numero. Si sono dati appuntamento, come si faceva una volta. Con il dubbio reciproco se l’altro si sarebbe presentato o no. Ma lui era lì in cima e lei lì ai piedi della stessa scalinata.

La ragazza prende il tempo per osservarlo ancora qualche istante e conservare nella mente un’altra immagine di lui da riportare alla mente quando non sarebbero stati insieme. Finalmente si decide a salire per raggiungerlo. Risalendo la gradinata poco a poco si rivela la magnificenza del palazzo Garnier che lascia stupiti anche gli assidui frequentatori del posto. Quella sera però lei non si ferma ad ammirare la stupenda architettura come fa di solito. I suoi occhi sono fissi sul ragazzo che la stava aspettando. Stava aspettando proprio lei.

Una volta in cima, lui ancora non la vede. La ragazza si piazza davanti a lui e il cuore batte sempre più veloce, la gola si secca, ma riesce a dire:

“Ciao! È tanto che aspetti?”

Lui colto di sorpresa, alza lo sguardo e vedendola sorride felice.

“Sei venuta!”

Gli basta veramente poco per farla sentire speciale. Sente che quelle parole sembrano esprimere tutta la paura che aveva di non rivederla e il sollievo di trovarsela raggiante davanti ai suoi occhi.

“Certo!”

“Andiamo” dice offrendole la mano.

Per un attimo la ragazza esita, non sa esattamente cosa fare.

​

Mano nella mano?!

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​

I Boulevards

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Il ragazzo è lì che le tende la mano, in attesa.

Dopo un secondo di esitazione lei porta lentamente la sua mano un po’ tremante su quella di lui che fa incastrare dolcemente le loro dita. Incastro perfetto.

In lontananza lei sente le melodie di una canzone di John Legend, sembra vogliano accompagnarla in questa nuova avventura.

Quello sfiorarsi innocente provoca dentro di lei una reazione inattesa. Tutti gli organi interni le si contorcono, non in maniera dolorosa, sembrano piuttosto danzare sinuosamente attorcigliandosi. Lei non aveva le farfalle nello stomaco, ma un vero e proprio caos festante.

Camminano così alla ricerca di un posto dove cenare e lui di tanto in tanto accarezza con il pollice il palmo della sua mano. Brividi, poi il fuoco avvampa. Desiderio.

 

Proverà le mie stesse sensazioni?

 

Era sicuramente troppo presto per dire che provasse qualcosa per lui, ma l’adrenalina di quella situazione totalmente imprevista fa emergere delle emozioni che non sa descrivere. Attrazione fisica certamente, ma anche mentale. Aveva adorato parlare con lui il giorno prima. Non crede sia possibile che sia già amore, ma lui in pochissimo tempo è riuscito sicuramente a conquistarla. Dopo tanto tempo, si sentiva apprezzata e desiderata, e cosa ancor più importante lei lo stava permettendo.

Quell’accarezzarle la mano è certamente il preludio di un desiderio fisico molto forte.

 

Che sia solo questo?

 

Una stretta al cuore e l’idillio sembra crollare. D’un colpo, senza riflettere, lasciò bruscamente la stretta.

Lui si sorprese: “Qualcosa non va? Ti ho fatto male?”

 

E adesso che gli rispondo? Non posso raccontargli i miei dubbi, le mie paure…scapperebbe…e non voglio.

 

“No, no! Scusami tu! Mi è venuto un piccolo crampo”. Che cosa stupida da dire. Sono proprio un’idiota! Adesso mi prenderà per scema.

 

Non si aspetta di certo la reazione di lui che le prende la mano e ne poggia il dorso sulla sua, così da poterle vedere il palmo.

“È qui che ti fa male?” chiede accarezzandole l’adduttore interno del pollice.

Nel totale imbarazzo per essersi messa in quella situazione è costretta a mentire: “Sssì”

Allora lui con il suo pollice comincia a massaggiare la zona con cura. Lei lo osserva e il cuore accelera il ritmo. Credo di amarlo.

Consapevole della precocità di quel sentimento si sente stupida, ma non può negarlo.

“Va meglio le chiede?”

“Sì! Grazie!”

A quel punto le prende la mano e le bacia l’incavo.

 

Oh mio Dio!!!

 

Freme al contatto delle labbra morbide e umide sulla sua pelle. Poi lui rincastra le dita e continuano a camminare, mano nella mano, fino a quando non trovano un posto dove cenare.

Al tavolo della terrazza del ristorante che trovano sui Boulevards, com’è consueto nelle terrazze parigine, si siedono di fianco con vista sul marciapiede e gli innumerevoli passanti. Costretti vicino, le ginocchia si toccano. Aspettando quello che avevano ordinato sorseggiano un vino rosato dal gusto delicato. Parlano, si raccontano un po' le loro vite. Lei giochicchia con un pezzetto di tovagliolo.

“Ti sento preoccupata? Se vuoi puoi parlarne con me. Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?”

 

Maledizione, ma come fa a leggermi nell’anima senza nemmeno realmente conoscermi?

 

Non risponde immediatamente, lui attende. Lei alza lo sguardo dai pezzetti del tovagliolo che aveva frantumato e incontra i suoi occhi nei quali si perde.

Devo essere sincera con lui. Qualsiasi cosa stia succedendo tra di noi, non può e non deve iniziare con una menzogna.

“Poco fa ti ho mentito. Non avevo un crampo” lui la guarda senza dir niente, aspettando una spiegazione. “Ho volontariamente lasciato la presa della tua mano, perché ho paura…” Così gli racconta tutta la sua storia passata cercando di non scoppiare in lacrime.

Quando finisce di raccontare, lui le prende quella mano che ancora giochicchia con il tovagliolo in frantumi e comincia a giocare con le dita, accarezzandole una ad una.

“Io non ti farò soffrire.” Promette e continuando a giocare con le dita le dice: “Dimmi se ti dà fastidio, so che può sembrare prematuro, ma sento il bisogno di toccarti! ”

Qualcosa dal petto le risale alla gola, ma riesce a dirgli: “È piacevole…”

Più coraggiosi rispetto al giorno prima, ma sempre esitanti, capiscono che la loro attrazione sta crescendo e non riescono a fermare le loro voglie.

Anche lei inizia ad accarezzargli le dita, non rimane più passiva al tocco di lui. Controllando l’esplosione di desiderio che da dentro vorrebbe esprimersi al di fuori con tutto il corpo, gode del piacere che lo sfiorarsi delicatamente produce in lei.

Lui, invece, non riesce a trattenersi. Osa alzare l’altra mano per accarezzarle il viso. Con un dito ne delinea tutti i contorni e una volta sceso vicino alla bocca si sofferma accarezzandola dolcemente prima con un dito poi con due. Resistere è impossibile anche perché lui avvicina sempre più il viso.

Uno schiarirsi di gola di fronte a loro fa interrompere il contatto. Il cameriere è pronto a servire i loro piatti. Cercano di ricomporsi e lui li guarda sorridendo.

 

 

Le Bois de Vincennes

 

Respiriamo l’aria

E viviamo aspettando

Primavera….

​

Dopo il lungo inverno che ha vissuto, finalmente sembra che anche in lei la primavera stia sbocciando. Il grigiore la sta abbandonando a poco a poco, anche se alcune ombre rimangono sempre insidiose nei meandri del suo essere. Ci vorrà ancora un po’ di tempo per liberarsene completamente e ancora un po’ di sole. Quella domenica mattina, di una primavera insolitamente calda a Parigi, il suo sole la sta aspettando per passare una giornata intera al Bois de Vincennes, una delle più grandi e magnifiche aree verdi di Parigi.

 

Il parco pullula di gente venuta come loro a godersi il calore del sole e un buon picnic,ma i due ragazzi riescono a trovare un pezzetto di verde con vista sul lago Daumenisil. Alcune barchette scivolano sullo specchio d’acqua condotte da rematori inesperti e improvvisati. Dopo aver consumato il loro pasto, i due si rilassano sdraiandosi l’uno accanto all’altro sull’erba la cui frescura contrasta con il calore dei raggi che scaldano il viso. Dopo un po’ lui si tira su appoggiandosi al gomito destro e la guarda. Le scosta la ciocca di capelli caduta sul viso mentre a sua volta lei si gira per guardarlo.

“Come ti piacerebbe passare il resto della giornata?” Le chiede.

“Così! Si sta talmente bene, non cambierei nulla”

“Ok come desideri. Ma se mi offrissi come tuo capitano per un’ora, ti andrebbe di fare un giro in barca come loro?” le propone indicandole le barchette che navigano davanti a loro.

“Davvero?!”

“Sì!”

“Ho sempre voluto farlo!”

“Allora andiamo!” lui si alza e le porge la mano per aiutarla a tirarsi su. Il suo scopo era renderla felice e a lei basta veramente poco. Ogni attenzione ricevuta, anche la più piccola riesce a ricucire i pezzi della sua anima in frantumi.

Dopo averla tirata su, le cinge le spalle e il braccio di lei trova facilmente appiglio alla vita di lui. Con un gesto talmente semplice quanto naturale lui la stringe e le bacia la testa, lei non riesce ancora a controllare il suo cuore e tutte le reazioni sconnesse del suo corpo quando il contatto con lui si fa più intimo. Una canzone che normalmente la fa sempre piangere risuona nella sua mente, ma stavolta ha un effetto diverso, risuona come una promessa che tutto andrà bene.

 

Lights will guide you home

And ignite your bones

And I will try to fix you

​

In questo modo si dirigono verso il piccolo capanno dove si affittano le barche. Per fortuna ce ne sono ancora di disponibili e solo poche persone in coda. Così si mettono in fila ad aspettare il loro turno. Davanti a loro solo una piccola famiglia, una coppia di ragazzi come loro e una felice coppia di nonni con la loro nipotina.

Lei è felice proprio come quella bambina che non vede l’ora di salire sulla piccola imbarcazione. Le sembra di stare per vivere una nuova avventura romantica sulle acque calme del lago, con il suo eroe personale, il suo capitano. Mentre aspettano, ad un certo punto la ragazza della coppietta che sta davanti a loro si volta. Incrociando il suo sguardo sgrana gli occhi e sembra arrossire di vergogna, distoglie lo sguardo e bisbiglia qualcosa all’orecchio del suo ragazzo. Lei non la stava veramente guardando, ma si accorge di quella reazione un po’ strana e incuriosita studia la coppia per capire se li conosce.

Non avrebbe dovuto.

Il cuore le si blocca all’istante.

Non è possibile che loro siano qui e per di più insieme.

Le ombre tornano ad avvolgerla. Brividi freddi la percorrono, nonostante il sole sia alto in cielo e picchi un po’ a quell’ora.

Lui si accorge di questo cambiamento repentino.

“Che succede? Sei pallida. Stai poco bene?”

“Andiamo via! Ti prego!”

Lui non obietta e la allontana dalla fila.

Lei comincia a farfugliare frasi che il ragazzo non capisce.

“Perché sono qui? Perché devono continuare a rovinarmi la vita? E adesso stanno pure insieme?! Allora il suo piano era solo quello di farci lasciare perché se lo potesse accalappiare lei?…”

Continua così per qualche minuto, con lo sguardo perso nel vuoto.

Lui comincia a scuoterla per farla tornare in sé.

“Cosa succede? Mi stai facendo preoccupare.”

Lei riesce a riprendersi un attimo.

“Loro sono qui…”

“Loro chi?”

“Il mio ex e la mia ex migliore amica” sussurra. Non ha bisogno di aggiungere altro. Lui la porta via. Camminano a passo veloce. In realtà, lei cerca di seguire i passi di lui visibilmente infastidito e corrucciato.

“Scusami! Sono una stupida. Sei arrabbiato?”

“No! Ma devi liberarti dai fantasmi del tuo passato. Devi andare avanti.”

“Lo so! E ci sto riuscendo, credimi e tutto grazie a te. È solo che mi hanno colto di sorpresa e…”

Lui si piazza davanti a lei per guardarla dritta negli occhi: “So quello che hai vissuto e sto cercando in tutti i modi di renderti felice. Adesso ci sono io per te, lo sai questo, vero?”

Quello sguardo, come sempre, la fa sciogliere e la fa stare meglio in un attimo. D’istinto lo abbraccia nascondendo il volto nel petto di lui che con le sue braccia l’avvolge. Sono un tutt’uno.

È al sicuro lì. Lo sente. Lo sa.

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Abbesses

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Gli incontri si susseguono nei giorni successivi. Le pagine del romanzo iniziato in quel giardino rimangono non lette. Le loro vite s’intrecciano e scrivono la propria storia.

Le sembra di vivere in un’altra dimensione dove niente di male le può succedere. L’incidente al Bois de Vincennes è già solo un ricordo sfocato, la presenza di lui rischiara il suo presente. Con lui si lascia andare, lascia che la vita viva libera come non lo aveva mai fatto prima di allora, oppressa dai fantasmi del suo passato. È tutto così perfetto che le sembra di sognare. Tuttavia, in quei giorni lei si sforza a porre un freno ai suoi desideri. Razionalizzando, pensa che non può lasciarsi andare così facilmente fisicamente. Una volta varcato il passo non ci sarebbe più via di ritorno. Vuole essere sicura di lui, ma soprattutto di sé stessa.

È molto difficile resistere.

Ogni giorno, le dita di lui scivolano tra le sue e così la trascina con sé. Le vie di Parigi che percorrono non hanno più storia, sono sentieri in cui loro lasciano la propria scia.

La notte illuminata della “ville lumière” li avvolge per farli suoi, ma loro appartengono a loro stessi. Parigi è solo uno sfondo.

Quella sera, appoggiati alla balaustra del belvedere di Montmartre ad osservare le luci della città che si estende sotto i loro occhi, lui le dice:

“Vieni con me, ti porto in un posto dove finalmente a quest’ora non ci sarà nessuno”.

Ancora una volta si lascia guidare senza timore. È mezzanotte e discendono quasi volando la scalinata del Sacro Cuore e s’incamminano per una piccola via che conduce verso il quartiere delle Abbesses. Lì c’è un minuscolo parco come tanti a Parigi, ma lì c’è anche qualcosa di speciale: un muro alto di piastrelle blu e scritte bianche.

Le prende le due mani e la trascina con sé sotto quel muro camminando all’indietro e guardandola negli occhi.

Il cuore le batte all’impazzata. Sa esattamente dove si trovano e cosa rappresenta quel muro.

Adesso lui scioglie la presa delle mani e la lascia davanti alle scritte, senza dir niente.

 

Scivola dietro di lei e la cinge con le sue braccia sussurrandole all’orecchio: “Scegli tu la lingua in cui vuoi che te lo dica…”

Lei presa dall’emozione non risponde, ma lui riesce a percepire il battito accelerato del suo cuore e allora continua a sussurrarle: “Ti amo, Je t’aime, I love you. Te dua, Ich liebe dich…”

Lei lo interrompe dicendo : “Anch’io.”

Finalmente la volta e appoggiando la fronte contro la sua le dice:

“Non capisco perché sia stato così difficile” dice con gli occhi chiusi come se fosse più difficile pronunciare quelle parole guardandola negli occhi.

“Forse perché è difficile anche per me”

Pronunciando quelle parole si avvicinano talmente tanto da sfiorarsi quasi le labbra.

I brividi che percorrono i loro corpi sono talmente forti che sembra quasi crearsi un campo magnetico attorno a loro. Il respiro si affanna e diventa irregolare. La cinge alla vita e la stringe ancora di più a sé.

“Perché non mi baci?” dice lui con un soffio di fiato e al pronunciare quelle parole le sfiora appena le labbra. I cuori battono ad un ritmo incontrollato.

“Perché non mi baci?” ripete lei e a quel punto le loro labbra diventano un tutt’uno. Le labbra di lui si schiudono per accogliere il labbro inferiore di lei e ne assaporano l’essenza. Dolcemente lei richiude il labbro superiore e piano piano la frenesia del desiderio accelera i movimenti e raggiunge il suo apice al tocco delle punte delle loro lingue che iniziano a fondersi, sciogliendo i corpi nel calore di una passione a lungo frenata che finalmente si libera. Il piacere si espande a tutto il corpo facendosi violento.

Il desiderio dell’unione si è acceso e non si sarebbe appagato.

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Tramonto sul Giardino delle Tuilleries

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Senza respiro le labbra del ragazzo si spostano alle guance, alle orecchie e al collo per ritornare alle labbra di lei. Al contempo le mani si fanno strada lungo la sua schiena e la stringono sempre più veemenza.

Un tonfo.

Una musica in testa.

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I walk this empty street

On the Boulevard of Broken Dreams

Where the city sleeps

And I'm the only one, and I walk alone.

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Il libro non è più tra le sue mani. È a terra accanto ai piedi della sedia. Lei lo raccoglie ancora intontita e confusa. Il suo respiro è affannato.

Il tramonto cala sul Giardino delle Tuileries.

Il segnalibro ha perso la pagina, ma non sarebbe stato difficile ritrovarla. Non è andata oltre la prima, in quel bel pomeriggio primaverile.

Accanto a lei le sedie cominciano a svuotarsi.

Quel pomeriggio la sua mente ha viaggiato in una realtà parallela. Tutto quello che aveva provato le era sembrato così vero, che sente ancora il cuore battere all’impazzata.

Chissà se qualcuno si era accorto di qualcosa.

Di certo no. Parigi ha la capacità di accogliere gente di ogni tipo e puoi anche ritrovarti in mezzo a centinaia di persone, eppure, è la città dove puoi sentirti l’essere più solo al mondo. Nessuno fa caso a nessuno.

 

È meglio tornare a casa.

 

Mestamente, con il cuore che le si stringe in petto ad ogni passo che la dirige verso l’uscita del giardino, riflette su quanto ha vissuto oniricamente.

 

Devo tornare ad amare.

 

 

 

Connie Angel

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